Regola di Urbano IV
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4. Nel nome del Signore incomincia la Regola delle Suore di santa Chiara.
Tutte coloro che, abbandonate le vanità del mondo, vorranno abbracciare la vostra Religione e vivere in essa, è cosa conveniente, anzi necessaria, che osservino questa legge di vita e di disciplina e vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità, in clausura.
5. Coloro che professano questa vita sono tenute fermamente a rimanere rinchiuse entro il recinto delle mura del monastero e l’interna clausura assegnata, per tutto il tempo della loro vita, salvo che sopravvenga (che mai non sia) un pericolo o una necessità inevitabile, come, ad esempio, un incendio, un’incursione di nemici o cose simili che non lasci tempo per chiedere il permesso di uscire. In tali casi le Sorelle si trasferiscano in altro luogo conveniente, nel quale, per quanto si potrà comodamente fare, stiano rinchiuse, fino a quando non sia loro dato di tornare in monastero.
Fuori di questa evidente necessità non si conceda non si conceda loro alcuna licenza di uscire, in seguito, dalla predetta clausura, eccetto il caso che, per comando o autorità del cardinale della Romana chiesa al quale dalla Santa Sede è affidato generalmente questo Ordine, alcune non siano mandate in qualche luogo per impiantare o edificare la medesima Religione, o per riformare qualche monastero dello stesso ordine, o per motivo di governo, o di correzione, o per evitare qualche danno molto evidente e grave; eccetto anche il caso che, per comando o volontà del medesimo cardinale, abbandonando per motivo ragionevole il primo monastero, tutta la comunità si trasferisca ad altro monastero.
7. A tutte queste che desiderano abbracciare questa Religione e che saranno ritenute degne di ammissione, prima che cambino abito e abbraccino la Religione, si facciano conoscere le difficoltà e le asprezze attraverso le quali si va a Dio, e tutto quello che saranno obbligate ad osservare fermamente secondo questa religione, affinché non passano in seguito addurre la scusa di non averne avuto conoscenza.
Non si riceva alcuna che, o per età troppo avanzata, o per qualche malattia, sia giudicata insufficiente e non adatta ad osservare questa vita, a meno che non si debba a volte dispensare in qualche luogo su questo qualcuna, esigendolo un motivo ragionevole, dietro il comando o l’autorità del detto cardinale; poiché per causa di persone di tal genere spesso viene meno e viene turbato il buon ordine e il vigore della Religione. Perciò nell’accettazione delle postulanti si deve con diligente studio e cautela evitare questa occasione.
9. Compiuto poi il corso di un anno, se avranno l’età legittima, facciano la professione nelle mani dell’Abbadessa, davanti alla comunità, in questo modo: “Io, suor N., prometto a Dio e alla beatissima Maria sempre Vergine e al beato Francesco e alla beata Chiara e a te, signora abbadessa, di vivere tutto il tempo della mia vita sotto la Regola concessa al nostro ordine dal signor papa Urbano IV, in obbedienza, senza proprio e in castità, e anche, come è prescritto dalla stessa Regola, in clausura”. Si osservi in tutto lo stesso modo di professare riguardo alle Serviziali o Sorelle che con la licenza della badessa, possono uscire fuori del monastero, escluso l’articolo della clausura.
19. Tutte le sorelle custodiscano un silenzio continuo…
21. Tutte le sorelle e le servigiali, eccettuate le ammalate, osservino digiuno continuo dalla festa della natività della gloriosa Vergine Maria sino alla festa della risurezione del Signore, fuorché nelle domeniche e nel giorno del natale del Signore… Tuttavia l’abbadessa possa dispensare misericordiosamente le servigiali dal detto digiuno, fuorché nell’avvento, nella quaresima e nei venerdì…
23. In ogni monastero vi sia un’unica porta per entrare nel chiostro e per uscire quando occorra, secondo la legge dell’ingresso e dell’uscita stabilita in questa Regola. In questa porta non vi sia alcuno sportello o finestra. Tale porta sia situata convenientemente più in alto che sia possibile, in modo che dall’esterno vi si salga attraverso una scala sollevabile, la quale scala, legata accuratamente dalla parte delle sorelle con catena di ferro rimanga sempre sospesa dalla fine di Compieta sino a prima del giorno seguente, e durante il riposo diurno e in tempo di visita, ad eccezione di qualche caso richiesto da una evidente necessità o da una manifesta utilità.
Alla custodia della suddetta porta venga assegnata una sorella tale, che sia timorata di Dio, matura di costumi, diligente e giudiziosa e di età conveniente. Ella custodisca una chiave della stessa porta con tanta diligenza che mai si possa aprire la porta ad insaputa di lei o della sua compagna. L’altra chiave, poi, diversa da quella venga custodita dall’abbadessa.
A lei venga assegnata anche una compagna, ugualmente idonea, che faccia in tutto le sue veci quando ella sarà occupata od impedita da qualche giusto motivo o occupazione necessaria. E guardino con ogni attenzione e procurino che la porta non rimanga mai aperta, se non il minimo possibile, secondo la convenienza.
24. La porta sia ben munita con serrature di ferro e chiavistelli e, aperta o chiusa, non si lasci mai senza custodia, neppure un momento, se non sia saldamente chiusa con una chiave di giorno e con due di notte.
Né si apra subito a chiunque bussi, se non si sappia con certezza che sia persona tale, a cui si debba aprire senza alcun dubbio, secondo le prescrizioni contenute in questa Regola per coloro che hanno da entrare.
27. Il parlatorio pubblico sia allestito nella cappella, o meglio nel chiostro, dove potrà farsi più comodamente e onestamente, perché non avvenga che, nel caso si facesse in cappella, abbia a turbare la pace di chi prega. Questo parlatorio sia di ampiezza conveniente e abbia una lamina di ferro con fori sottili, adattuta con chiodi di ferro, in modo che non si possa mai aprirlo. La stessa lamina sia pure robustamente munita all’esterno con chiodi di ferro sporgenti in fuori e all’interno vi si apponga un panno nero di lana, in modo tale che le sorelle né possano vedere fuori, né essere viste...
28. Vogliamo ancora che, nel muro che divide le sorelle dalla cappella, si collochi una grata di ferro di conveniente forma, fatta di spranghe fitte e ritorte, costruita con diligenza e robustezza, all’esterno ben rafforzata con chiodi di ferro sporgenti in fuori, oppure fatta di una lastra di ferro con fori piccoli e minuti, con chiodi di ferro sporgenti come si è detto; in mezzo ad essa venga ritagliato uno sportello di lamina di ferro, attraverso il quale al momento della comunione si possa introdurre il calice e il sacerdote, stendendo la mano, possa amministrare il sacramento del Corpo del Signore.
Questo sportello sia sempre chiuso con chiave di ferro e non si apra se non quando si deve predicare alle sorelle la Parola di Dio o si amministra il sacramento del Corpo del Signore, o quando qualcuno domanda di vedere qualche sorella sua parente consaguinea, o quando lo richieda altra causa necessaria; ciò che deve avvenire molto raramente e sempre con licenza dell’abbadessa.